domenica 16 marzo 2014

_04: Lo strumento come sfida; Paesaggio Mentale

Con la lettura dell'articolo sul Paesaggio Mentale redatto dal prof. Antonino Saggio su Coffee Break, abbiamo introdotto la definizione di una nuova forma di paesaggio, che abita le menti degli architetti di nuova generazione. Questo tipo di paesaggio supera la dicotomia tra paesaggio naturale e paesaggio artificiale, per dare luogo ad un ibrido in cui informazione e natura riescono a dialogare grazie al paradigma informatico-interattivo. La complessità delle nuove modellazioni architettoniche è, infatti, un mezzo potentissimo che aiuta a riappropriarci della natura, ibridandola con l'artificialità degli edifici ed elevandola al rango di "sorella attiva ed intelligente accanto all'architettura".

Un esempio concreto di questa nuova tipologia di paesaggio è l'installazione Blur di Elizabeth Diller & Ricardo Scofidio, che lavora proprio sul paradigma artificiale/performativo e che, grazie ad input ed output scambiati con l'ambiente circostante, genera uno spazio dinamico, fluido ed in continua mutazione, costituito dalle particelle dell'acqua del lago di Yverdon-les-Bains, nebulizzate tramite ugelli che rispondono al cambiamento di alcuni parametri atmosferici.




Discutendo di questa opera performativa durante la lezione, mi è subito venuto in mente l'architetto giapponese Toyo Ito, che ha da sempre assunto una posizione aperta nei confronti delle tecnologie digitali, che hanno mutato in maniera sostanziale le condizioni di lavoro dell'architetto. Nella visione di Ito, questa nuova realtà viene letta e interpretata con estrema lucidità attraverso un linguaggio spesso immaginifico, ricordando a tratti quello delle avanguardie, e soprattutto assume connotati positivi, così che questo nuovo tipo di espressione non risulti connesso con uno dei luoghi comuni più radicati delle tecnologie come fonte di alienazione. Trovo estremamente affascinante la proposta dell'architetto giapponese, secondo il quale, grazie alla diffusione delle tecnologie, un corpo non esiste più in maniera separata ed autonoma rispetto al mondo esterno, ma è come un'entità potenziata dal computer, dall'informatica, che, sfocando le barriere del corpo e della mente, collega più strettamente l'uomo con il mondo e la natura circostante. Questo tipo di pensiero è molto affine al concetto espresso da Blur di Diller & Scofidio, in cui il paesaggio generato dalle gocce nebulizzate rende sfocati ed evanescenti i confini tra spazio interno e natura esterna, che è la definizione stessa che Ito ci propone in merito alla blurring architecture.
L'architettura evanescente è quell'architettura dai confini morbidi e diffusi, capace di mescolare l'interno costruito con l'esterno naturale e capace di reagire all'ambiente circostante.
Natura ed architettura, dunque, non sono più concetti opposti, ma fenomeni che si integrano reciprocamente e che vivono in un rapporto analogico: la natura, costituita da vegetazione, e lo spazio urbano, costituito da edifici, sono entrambi governati da flussi, per l'una naturali (fiumi, vento), per l'altro artificiali (relazione tra gli spazi, collegamenti). Per questo motivo, più che considerare l'architettura come un'espressione morfologica contrapposta all'ambiente, Ito la concepisce come un sistema autonomo ma integrato in un sistema superiore che è quello naturale, che ne diventa anche principale fonte di ispirazione.

L'opera più celebre di Ito è senza dubbio la Mediateca di Sendai, costituita da tredici "tubi" irregolari che attraversano i sei piani dell'edificio e che, diversamente dai tradizionali elementi di sostegno, sono cavi all'interno per contenere scale, ascensori, condotti per la ventilazione. Tutto è lasciato completamente a vista, siamo di fronte ad uno spazio pensato per creare flussi diversificati di persone, informazioni ed elementi naturali come la luce, l'aria, i suoni ed in cui l'immagine dominante è quella del mondo sottomarino, un mondo scolpito dalle correnti, che costantemente ad esse si adatta. Le alghe sono il riferimento preso da Ito quando immagina il sistema strutturale dell'edificio, perché gli suggeriscono elementi irregolari, flessibili e che saranno essi stessi a rendere l'idea principale di un edificio aperto al flusso delle informazioni.



In un certo senso, è come se Ito scolpisse una natura totalmente artificiale, che non vuole in alcun modo essere in contrasto con quella reale, ma che ha con essa un rapporto di reciproco scambio, in cui il mondo acquatico sottomarino si interseca con la dimensione artificiale dei media creando un nuovo paesaggio mentale.

martedì 11 marzo 2014

Premio alla carriera a Peter Eisenman - Lectio Magistralis presso La Casa dell'Architettura

Attraverso il player qui in basso sarà possibile ascoltare la registrazione della lectio magistralis tenuta dall'Architetto Peter Eisenman lo scorso 10 marzo 2014, presso la Casa dell'Architettura, in occasione della consegna del Pix De Rome - Premio Piranesi.

(Audio registrato subito dopo l'intervento a cura del prof. Franco Purini)



Update: Di seguito disponibile anche l'audio dell'intervento del prof. Arch. Franco Purini (cortesia di Giovanni Romagnoli).

_03: Comunicazione Marsupiale; Informazione e architettura

Abbiamo visto come nell'evoluzione del processo economico il valore dell'informazione abbia assunto una posizione sempre più predominante, distaccandosi dalla tautologia legata alla logica industriale secondo la quale un prodotto esiste in quanto funziona. Viene, infatti, introdotta  l'informatica quale plus-valore trainante, per cui un prodotto ha valore in quanto comunica.

Anche l'architettura ha avuto un processo di trasformazione analogo.
In origine l'architettura era principalmente metafora di potere religioso o/e politico e la sua funzione era strettamente legata all'informazione in quanto rappresentazione, all'assunto secondo cui esisto in quanto informo rappresentativamente.
Successivamente, un'epoca nuova soppianta la precedente ed è quella del machinisme, che vede l'architettura come macchina per abitare e che sfrutta la logica del funzionalismo industriale per estraniarla da qualsiasi processo di soggettivazione o simbolismo.  "Quando una cosa non risponde ad un bisogno - ci dice Le Corbusier in "Verse Un Architecture"- non è bella, ma soddisfa semplicemente una parte del nostro spirito, la prima parte". Per questo motivo tutto il Movimento Moderno punterà al perseguimento di quella stardadizzazione tipica del mondo industriale, affermando a gran voce che sia questa la sola soluzione per affrontare il problema della perfezione. Realizzare uno standard equivale a riconoscere in modo unanime una tipologia conforme a determinate funzioni, rispettando il principio del massimo rendimento con l'impiego minimo di mezzi, mano d'opera e materiali (esisto in quanto funziono).

Ma ben presto anche l'architettura verrà travolta dal contributo dell'informazione, così che un edificio non verrà giudicato più solamente dalla sua funziona, ma anche in base a quanto e cosa esso ci comunica (esiste in quanto informa). Il cambio di paradigma, da uno di tipo funzionalista ad uno di tipo simbolico ed espressivo, ha nel neoespressionismo di Jørn Utzon uno dei suoi più audaci rappresentanti. L'architetto nel 1957 vince il concorso internazionale per l'Opera House di Sidney, organismo che si libera sullo scenario della città con le sue vele cementizie, che sembrano quasi addentare l'aria della baia. Nell'ultima edizione di Space, Time and Architecture, Giedion lo scelse a prototipo di una terza generazione di architetti che presenterebbe la caratteristica di un maggior interesse per la storia e per le componenti scultoree ed emotive del linguaggio. Il neoespressionismo di Utzon nei primi vagiti conserva una significativa eco dell'eredità lasciata da un grande Maestro, Erich Mendelsohn, che è lampante riconoscere in alcuni schizzi, specie in quello per la scuola secondaria di Hellebaek. Qui il piglio delle architetture telluriche e magmatiche mendelsohniane è molto marcato, seppur mutuato dall'esperienza che l'architetto danese ha maturato nel lavorare con Alvar Aalto.

Erich Mendelsohn - Einsteinturm; schizzo per la scuola secondaria di Hellebaek - Utzon


Come scrisse Bruno Zevi in Storia dell'Architettura Moderna, "L'accentuazione del fattore plastico, maturata a contatto di Henri Laurens, ha costituito il pretesto delle aspre critiche rivolte a Utzon per il tour de force delle enormi vele cementizie svettanti fino all'altezza di sessanta metri e prive di qualsiasi rapporto organico con le funzioni interne. Certo, esse agglutinano il promontorio e l'insenatura del porto, emanano un messaggio squillante e popolare".
L'architettura di Utzon partecipa alla comunicazione, in quanto nella Opera House gli abitanti di Sidney, così come i visitatori, riconoscono un simbolo, non solo della città ma anche dell'intero continente. Un'altra rapida riflessione che mi è venuta in mente osservando le foto dell'Opera House da varie angolazioni è che sembra quasi entrare in contrapposizione linguistica con sé stessa: non possiamo fare a meno di notare la compresenza del grande basamento gradonato, quasi il crepidoma di un tempio romano, ben ancorato al terreno, e delle vele, che invece nell'innalzarsi verso il cielo, sembrano dover spiccare il volo da un momento all'altro. Di fronte ad esse si dovrebbe provare la stessa sensazione di meraviglia che si innesca di fronte alle vertiginose altezze delle cattedrali gotiche.



Quarant'anni dopo, i decostruttivisti, guidati da Frank Gehry, ripercorreranno la via intrapresa da Utzon ed esaspereranno ulteriormente gli aspetti comunicativi ed informativi all'interno delle loro architetture, traducendoli in linguaggi più astratti e decisamente meno immediati delle "ali di gabbiano" della Opera House.

"Frank Gehry ha trasformato l'architettura moderna. L'ha liberata dai confini della scatola e dalle costrizioni delle comuni pratiche del costruire. Ha dimostrato che le soluzioni tecniche che l'architettura offre, non servono altro che a realizzare strumenti culturali che ci liberano verso una nuova comprensione del nostro mondo. Sgusciante, aperta come costruzioni spoglie e tanto sperimentale quanto le attività artistiche ches sono state la sua ispirazione, l'architettura di Gehry rappresenta il vero modello moderno per un'architettura oltre il costruire".
(Aaron Betsky su Frank Gehry alla Biennale di Architettura di Venezia del 2008)

Nella sua opera più celebre, il Museo Guggenheim di Bilbao, Gehry genera all'interno di un'intersezione urbana strade, percorsi, luoghi di raccolta, con un'articolazione di corpi apparentemente "casuale" ed irrazionale. La percezione di disconnessione e deformazione sarà segno distintivo in tutte le architettura di Gehry, in quanto durante il processo compositivo egli agisce più come scultore/pittore, che come puro progettista. Scava, scolpisce, intreccia, fonde o decompone quasi stesse forgiando l'argilla a mani nude. Nelle sue architetture il fattore temporale gioca un ruolo chiave, in quanto ci apre alla possibilità di leggere l'edificio in maniera dinamica, come fosse in perenne movimento e continua metamorfosi nel tempo. Le architetture di Gehry non sono mai banalmente agganciate al suolo, piuttosto ci si aspetta che da un momento all'altro cambino di posizione, inizino a vivere di vita propria e ad camminarsi lungo le strade, per poi fermarsi ed inserirsi in un nuovo lotto per attribuirgli un nuovo significato.
E' un processo che ricorda molto il punto di vista scompositivo/ricompositivo dei pittori cubisti, che per primi nel mondo pittorico cercarono di adoperare il tempo quale quarta dimensione di rappresentazione degli oggetti. Simili intenti venivano portati avanti anche dai pittori futuristi, ovviamente con molta più violenza e passione; in artisti come Umberto Boccioni o Giacomo Balla percepiamo in maniera chiara il senso del movimento, la velocità delle azioni e l'inesorabile fluire del tempo.

1. Georges Braque, "Violino e brocca"; 2. Umberto Boccioni, "Elasticità"; 3.
Giacomo Balla, "Velocità in motocicletta"; 4. Frank Gehry, Museo Guggenheim

Un linguaggio fortemente comunicativo, simbolico ed informativo viene sviscerato in maniera analoga ma al tempo stesso diversa da Daniel Libeskind, che nel Museo Ebraico di Berlino utilizza la sua architettura come metafora. Si antepone alle plasticità di Gehry per scontrarsi con forme più nette e decise, dove i tagli inferti alla cortina delle pareti sono delle vere e proprie ferite sanguinanti, sinonimo del ricordo di un passato lacerato ed agghiacciante.
E' l'architettura che parla, che urla e che denuncia l'angoscia soffocante ed il dolore del popolo ebraico durante il regime di persecuzione nazista e che, attraverso uno studiato "percorso sensoriale", fa rivivere in maniera allegorica le sensazioni di paura e pesantezza anche al visitatore del museo.


Bibliografia:
"La via dei simboli" - Antonino Saggio
"Verso una Architettura" - Le Corbusier
"Rassegna di Architettura e Urbanistica - Linguaggi dell'Architettura Contemporanea" 127/128/129 - Edizioni Kappa
"Storia dell'Architettura Moderna" - Bruno Zevi

venerdì 7 marzo 2014

_02: Informazione diffusione/economia

Proseguendo la disamina su quanto sia forte e prepotente l'impatto che il mondo dell'information technology ha sulla società moderna, abbiamo introdotto un'interessante teoria elaborata dallo scrittore e futurologo Alvin Toffler, da anni impegnato nello studio dell'influenza che i mezzi di comunicazione hanno sulla compagine sociale e sul mondo della cultura.
Nel suo scritto intitolato "The Third Wave" (La Terza Ondata), Toffler ridisegna la storia dei media individuando tre ondate principali: la prima ondata coincide con l'età agricola, la seconda ondata con l'età industriale e la terza con l'età dell'informazione.

La grande novità dell'età agricola è stata l'interruzione del nomadismo ed il nascere delle prime comunità rurali organizzate in villaggi. La terra ha da subito assunto un ruolo centrale all'interno del processo produttivo, non solo in quanto fattore centrale nella produzione delle materie prime, ma come vero e proprio sinonimo di potere economico ed elemento trainante dell'economia, in cui il valore dell'informazione aveva ancora poco rilievo.



Quando il mondo economico venne sconvolto dalla Rivoluzione Industriale, che sovvertì le logiche di mercato e di lavoro fino a quel momento declinate, si è assistito ad una prima importante crescita del valore dell'informazione. La terra strettamente intesa inizia a perdere di importanza, non solo da un punto di vista sociale (il possesso di un bene primario non coincide più con la forza ed il potere politico del proprietario terriero) ma soprattutto da un punto di vista economico. Forza trainante in quest'epoca diventano i beni industriali, in quanto la forza-lavoro si svincola dal puro gesto manuale ed è strettamente connessa alla presenza della macchina, dalla quale non può prescindere. L'operaio partecipa indirettamente al processo produttivo, non in prima persona come nella società agricola, produce per gli altri e non per sé stesso e, dunque, è costretto ad un lavoro meccanico, spersonalizzato e spersonalizzante.



La terza ed ultima ondata coincide con la fine della Seconda Guerra Mondiale ed è caratterizzata da un aumento esponenziale del contributo informatico, che costituisce il solo elemento trainante dell'economia moderna. Quest'accelerazione improvvisa del fattore "I" si ripercuote sul valore (economico, simbolico-iconografico) del prodotto stesso, che "funziona solo se riesce a comunicare" e ciò è evidente nel constatare il ruolo che le pubblicità oggi assumono nell'aumentare il grado di appetibilità di un prodotto. L'informatica ci ha svincolati dal processo di standardizzazione e dalla produzione seriale, tipici dell'industrializzazione, rendendoci protagonisti di un approccio del tutto inedito in cui sono proprio le differenze e la versatilità, proprie del prodotto informatico, oltre che la possibilità di declinarlo in un'infinità di modi, a costituire plus-valore.



A questo proposito, Toffler ha coniato il termine "prosumer" (incrocio tra la parola professional/producer, con la parola consumer) che sta a rappresentare il consumatore moderno: non ricoprendo più un ruolo passivo, il prosumer partecipa attivamente al nuovo processo di produzione massiva di prodotti altamente personalizzabili (mass customization).

mercoledì 5 marzo 2014

_01: Informazione materia prima della ricerca architettonica contemporanea

Nella prolusione del corso abbiamo definito la modernità come crisi e come attributo acronologico che trasforma la crisi in valore ed abbiamo riflettuto su quanto questa crisi, nella società attuale, coincida con il sempre più prepotente affermarsi della tecnologia.

La tecnologia è come una nuvola, formata da tantissimi micro-elementi ed in continua espansione. Credo che il paragone con la nuvola sia quanto mai calzante, soprattutto in vista del fatto che è proprio con il suo corrispettivo in inglese (cloud) che in informatica si identificano una serie di tecnologie che consentono di utilizzare i propri computer -opportunamente collegati ad una rete- per scambiarsi, elaborare, archiviare e recuperare un certo quantitativo di file. Sfruttando la delocalizzazione è possibile, infatti, accedere all'applicazione ovunque ci si trovi e da qualsiasi piattaforma (pc, tablet, smartphone), oltre che utilizzarla in diverse scale a seconda delle proprie esigenze (per uso personale, per uso condiviso con altri utenti).
L'altra caratteristica del cloud computing è quella di garantire l'utilizzo dei dati caricati 24 ore su 24, 365 giorni all'anno, assicurando un certa continuità nella fruizione, nella modifica e nell'implemento dei files.
Questo ci permette di introdurre alcune caratteristiche fondamentali dell'informatica, che sono l'onnipresenza, l'onniscenza, l'onnipotenza.. tutti attributi che è d'uso associare a Dio!

Cloud computing

"Google è la cosa più vicina a Dio che sia stata mai creata dall'uomo"
Come non essere d'accordo con quest'affermazione? Se ci pensiamo, Google, oltre ad aderire perfettamente a tutte le definizioni prima accennate, incarna l'essenza stessa dell'informatica, che è la sua infinitezza, la sua illimitatezza. E' in continua ed insesauribile espansione e ogni minuto, ogni secondo, c'è un incremento cognitivo non indifferente che testimonia l'incredibile velocità con la quale il mondo dell'informatica in generale sia in perenne dilatazione.

Dati -> convenzioni -> informazioni.

Leggendo l'articolo pubblicato dal prof. Saggio sul sito Coffee Break, abbiamo effettuato in classe un esperimento.
Disegnando, dapprima, un puntino su un foglio bianco e, successivamente, un ovale ci siamo chiesti in entrambi i casi: "Che cos'è?".
E' stato interessante constatare come, in maggior misura per l'esempio dell'ovale, le risposte a questa semplice domanda potessero essere molteplici: può essere uno zero, una lettera, un ellisse, una sezione, una proiezione, un simbolo. Il dato, cioè, può essere sottoposto a innumerevoli convenzioni, che permettono di fare un salto e di passare dal dato puro, che esiste in quanto "dato", all'informazione, che esiste in quanto dato convenzionato e che è, quindi, scissa da giudizio critico e soggettivo.

Il mondo informatico è l'unico a non essere soggetto a convenzione, in quanto formalizzato già a priori. In informatica non esistono dati, ma solo informazioni, oggetti e presenze che hanno un significato convenzionalmente già dato. Se volessi assegnare a quell'ovale disegnato su carta la convenzione di numero e, dunque, associarlo ad uno zero (0), dovrò digitare sulla tastiera del mio computer un comando ben preciso, che non lascia a possibilità di fraintendimento o interpretazione, in quanto se volessi, invece, applicare la convenzione di lettera, dovrei usare il comando O per rappresentare una lettera dell'alfabeto.


L'informazione è in-formazione.

Per identificare esattamente cosa sia l'informazione, potrebbe essere utile compiere l'esercizio di immaginarla come una massa fluida che deve ancora prendere forma (in-formazione), un panta rei, un tutto scorre dal sapore eraclitiano, sottostante ad continuo mutare che non rende mai l'informazione uguale a sé stessa. L'informazione è viva: così come abbiamo la possibilità di aggiornare le pagine di Wikipedia implementandole di nozioni, fornendo opportuni riferimenti che ne attestino l'attendibilità, anche l'informazione in generale è soggetta a continue estensioni e mostra in maniera chiara e trasparente la sua naturale tendenza ad essere un insieme di dati già convenzionati in perenne divenire e mutare.

"Non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell'impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va."
L'informazione si pone come nuovo mattone, nuova materia prima per l'architettura contemporanea, perché attraverso il cosiddetto BIM (Building Information Modeling) il progetto architettonico diventa un insieme di equazioni interconnesse che si interscambiano dei dati. Delle informazioni.
Citando Wikipedia, infatti, "il ruolo di BIM nell'industria delle costruzioni è di sostenere la comunicazione, la cooperazione, la simulazione e il miglioramento ottimale di un progetto lungo il ciclo completo di vita dell'opera costruita.
BIM, usato come nome, è la rappresentazione di un modello di dati diversi di un edificio relazionati alle diverse discipline che lo definiscono. I dati contenuti nel modello sono numerosi in quanto definiscono tutte le informazioni riguardanti uno specifico componente di una costruzione. In questo senso, un modello tri-dimensionale della geometria di un edificio utilizzato solo per simulazioni grafiche (renderings) non può essere considerato BIM.
Un BIM può contenere qualsiasi informazione riguardante l'edificio o le sue parti".

venerdì 28 febbraio 2014

_00: L'information Technology come sfida e come crisi


Modernità e tempo.

Cos'è la modernità?
La prima cosa che verrebbe da fare pensando al concetto di modernità è associarla alla variabile temporale. Moderno è ciò che non è passato, ciò che viviamo oggi. Moderno è ciò che non è obsoleto, che non è superato, moderno è quanto riconosciuto come (ancora) utile per gli uomini ed agli uomini. Moderno è un lettore mp3 tascabile, in confronto ad un ingombrante giradischi o, senza andare troppo a ritroso nel tempo, in confronto ad una pila accatastata di CD. Moderno è un ebook rispetto ad un libro fatto di pagine, che possiamo sfogliare e di cui possiamo sentire l'odore.

..and the winner is..?
Ma moderna non è solo l'ultima versione dell'iPhone, è in generale tutto ciò che è accaduto dopo il 1492, quando la Scoperta dell'America sancì l'epoca che gli storici individuano come Età Moderna.
Ridurre la modernità ad un mero fattore cronologico, dunque, sarebbe riduttivo, in quanto moderno è un atteggiamento non temporizzabile, è una tensione che si trova in qualsiasi periodo storico e che coincide con la capacità di rispondere e fronteggiare un processo di cambiamento, una sfida, una crisi.


Modernità e crisi.

"La modernità trasforma la crisi in valore ed innesta un processo di cambiamento."

Partendo da questa affermazione fatta dal prof. Antonino Saggio durante la prolusione del corso, deduciamo la strettissima interconnessione tra modernità, crisi e cambiamento.
L'uomo che ha un atteggiamento moderno, di fronte ad un cambiamento risponde dapprima accettandolo, per poi formulare una risposta più alta e complessa che convoglia nella ricerca di una nuova estetica. Il processo non è lineare, non c'è alla base una sicurezza o una convinzione, il nuovo richiede una serie di salti logici che permettono di arrivare ad un'accettazione completa della novità, della modernità.

Possiamo fare molteplici esempi a favore di questa tesi; nel caso della fotografia, nell'800 essa ha rappresentato un'invenzione tecnologica molto importante, un nuovo strumento di rappresentazione e di raffigurazione che è entrato in contrasto con il mondo della raffigurazione pittorica, fino a quel momento unico modo di riprodurre elaborati quanto più prossimi alla realtà. La fotografia rappresenta una rottura con la pittura. Una crisi.
Un altro grande episodio di modernità è rappresentato dalla codificazione della prospettiva che, teorizzata da Filippo Brunelleschi (grazie alle sue conoscenze di ottica) durante il Rinascimento, ha dato un nuovo modo di rappresentazione ed una nuova chiave di lettura del mondo in generale.
In ultimo, possiamo fare l'esempio del mondo del cinema, quando nei primi anni del XX secolo venne introdotta la rivoluzione del sonoro. Questa nuova tecnologia, che soppiantò la produzione della filmografia muta, rappresentò anch'essa una forte crisi, che è ripercorsa in maniera molto acuta e sensibile all'interno del film "The Artist". Nel momento in cui George Valentin, celebre attore del cinema muto hollywoodiano, si trova a dover fare i conti con l'avvento del sonoro, afferma con molta convinzione "La gente vuole vedere me. Non ha mai avuto bisogno di sentirmi!".. entra in crisi!
Solo in un secondo momento subentrerà l'accettazione della nuova tecnologia, la presa di coscienza e l'adozione di un atteggiamento moderno, che consentirà il superamento di questa crisi.

Se quello è il futuro.. puoi tenertelo!

Questi esempi mi hanno fatto venire in mente un parallelismo con l'esistenzialismo. Del resto, l'esistenzialismo si può definire come filosofia della crisi nella cultura del Novecento, legata alla messa in discussione dei tradizionali punti di riferimento metafisici, morali, teologici. Esso risponde al disorientamento ed al turbamento generati come conseguenza logica dei due conflitti mondiali.
Jean-Paul Sartre introduce la concezione secondo la quale la prospettiva esistenzialista si basa sulla scelta, come libertà fondamentale dell'uomo, come nodo nevralgico ed imprescindibile per l'esistenza umana, che è portata a scegliere sempre. Persino il rifiuto di scegliere costituisce una scelta. Ciò comporta un impegno ed è di fronte alla molteplicità di scelte che l'uomo entra in crisi e, nel momento in cui sceglie, deve avere un atteggiamento moderno nell'accettare con consapevolezza i rischi e le responsabilità che ne conseguono.
Ma è ancora a Sartre che penso nel ricordare il rifiuto che George Valentin ha nei confronti della tecnologia del sonoro o che i pittori dell'800 hanno avuto nei confronti della fotografia. In entrambi i casi abbiamo un atteggiamento molto simile a quello di Antoine Roquentin, celebre protagonista de "La Nausea". Nel caso di Antoine, infatti, la Nausea coincide con un senso di inadeguatezza verso tutto ciò che lo circonda, una sorta di straniamento verso il mondo esterno.. è una vera e propria crisi!
"Niente pareva reale; mi sentivo circondato da uno scenario di cartone che poteva essere smontato da un momento all'altro. Il mondo aspettava, trattenendo il respiro, facendosi piccolo, aspettava la sua crisi, la sua Nausea"
La Nausea, nel testo di Sartre, ha anche in comune con la modernità il suo trascendere da un'esperienza temporizzabile: non è circoscritta ad un breve lasso cronologico, non è connessa ad una malattia passeggera, ma si ontologizza, è nausea in quanto tale e diventa condizione dell'uomo in quanto uomo.




Modernità è crisi!
La nascita di un nuovo paradigma.


Assodato che alla modernità corrisponde una forte crisi, qual è la crisi del mondo attuale?
Beh, ovviamente l'informatica! Essa rappresenta un grosso elemento di novità, sotto molteplici punti di vista (economici, sociali, progettuali) e ci dobbiamo muovere con una tensione di modernità, di accettazione e di comprensione nei confronti di questa crisi. Anche per comprendere l'informatica, come negli esempi riportati nel paragrafo precedente, bisogna operare un salto logico, in quanto a ciò corrisponde l'introduzione di un nuovo paradigma, di un nuovo codice di linguaggio. Il paradigma informatico fa un grosso salto rispetto a quello industriale e meccanico e si propone di affrontare in maniera diversa, di mettere in crisi le precedenti abitudini e di rielaborare con un nuovo codice la complessità della società che viviamo.
In un certo senso, la rivoluzione informatica è molto simile alla rivoluzione prospettica: ha dato nuove regole di percezione dello spazio e di visione del mondo circostante. Lo schermo del pc, il guardare attraverso i pixel, lo scambiarsi i dati attraverso le reti wireless, sono tutti paradigmi che hanno ribaltato i canonici modi di concepire e sentire lo spazio e le distanze. Le stanze sono diventate le room delle chat e guardare attraverso un'interfaccia, uno schermo, implica l'accettazione, il fidarsi di questo nuovo mezzo. Non si vede più puramente ed esclusivamente attraverso i nostri occhi.